Descrizione

Come per tutta la Sardegna, il Medioevo si mantiene anche a Bitti fino alla prima metà dell’Ottocento. L’organizzazione feudale, alla pari di quella ecclesiastica, costituiscono anzi la tela di fondo su cui si svolgono le vicende quotidiane vissute durante il secolo XVI dalla comunità del villaggio e raccontate in questo Libro: su di essa, verso la fine di quel secolo, incominciano ad apparire anche i primi segni, pur fragili e incerti, di modernità. Si tratta di una scuola di grammatica – non se ne contavano più d’una dozzina in tutta l’isola – voluta dal locale pievano per una quarantina di studenti. Forse per la sua novità, forse per la morte precoce del suo fondatore, essa ebbe vita stentata, probabilmente cessò del tutto fin dai primi anni del Seicento. Di pari passo si svolgeva la vita del bittesse Giovanni Arca (± 1562-ante 1614) che, dopo un decennio trascorso tra i gesuiti (1584-1594), scrisse la prima opera di agiografia sarda (De sanctis Sardiniae libri tres, Cagliari 1598) e poi altri libri storici ancora inediti, salvo i Barbaricinorum libri. Benché segua di solito la falsariga di Giovanni Francesco Fara, Arca dimostra una forte originalità nell’imprimere un taglio politico alla sua opera, anche a costo di forzare le fonti; come quando, ad esempio, nel mitizzare l’invincibilità dei Barbaricini nei confronti dei Romani, giunge a presentarli come gli irriducibili campioni della libertà dell’intera Sardegna. Un esempio che, a distanza di tre secoli, avrebbe trovato riscontri in un altro bittese, Giorgio Asproni.